Prima di arrivare a parlare di Luca Innocenzi, vorremmo conoscere un lato più personale ed intimo di Paolo Margasini che Lei può definire un amico…
È un secondo fratello, un galantuomo, una persona di principi con cui mi sono sempre confrontato (anche se lui è Milanista e io Juventino) aldilà dell’aspetto formale. Ci vogliamo bene, ormai siamo in una sintonia quasi perfetta. Lui si faceva voler bene: eravamo due ragazzi, ora due uomini, ma stavamo vicini tutto l’anno, frequentavamo reciprocamente Ascoli e Foligno e siamo rimasti in grande amicizia, anche con i genitori e la sorella; il rapporto è cresciuto. Anche quando lui ha lasciato, Paolo, almeno per chi l’ha voluto, c’è sempre stato vicino. La condizione quando abbiamo ingaggiato Luca è che Paolo ci fosse, e lui si è messo a disposizione.
Parlando della storia recente di Porta Solestà, come è riuscito a trasformare Luca Innocenzi in un cavaliere così vincente, dopo i primi anni poco brillanti?
I primi anni di Luca non sono stati fantastici, secondo me, non tanto per colpa sua. Luca è venuto ad Ascoli che aveva 21 anni, un ragazzo che risentiva ancora di alcuni momenti non felici della sua adolescenza, era un po’ ribelle e se non si sentiva accettato reagiva in un certo modo. C’erano anche delle tensioni interne al Sestiere che portarono a delle situazioni spiacevoli, mancavano i risultati, ma, essendo io un grande tignoso, sono riuscito, con l’assoluta e indispensabile collaborazione di tutto il comitato (poiché certe cose si fanno solo in gruppo e mi sento di ringraziare tutti i membri del comitato che mi hanno accompagnato nel corso degli anni, rivolgendo un grazie speciale a Domenico Ferretti, detto ‘La belva’, che oggi non c’è più, mio maestro di vita e di Quintana, ma anche Emilio Nardinocchi, mio secondo padre anche nella vita), a risolvere i problemi. Facemmo una visita a Foligno dopo la quintana di Luglio 2008 (poiché la vittoria del 2007 non ci fu assegnata), parlammo con Luca e con il padre, chiarimmo tutto in maniera forte e le cose migliorarono. Da qui inizia la storia di Dorilas e delle 13 fenomenali vittorie che sappiamo.
Vorremo dal suo occhio esperto un focus sulla Quintana appena disputata
Premesso che sono amico di tutti i cavalieri, poiché facendo lo stesso sport ci si incontra, parla e confronta, considero Massimo Gubbini un campione vero, con grandi doti naturali. Finora ha pagato una diversa organizzazione logistica da quella degli anni passati: prima aveva una scuderia di Ascoli che teneva e preparava i suoi cavalli mentre ora lui fa anche scuderia, e deve fare quasi tutto da solo. Luca, che considero invece un vero fenomeno, può contare su Paolo, sul padre Roberto, sui fratelli, su Leonardo Polli, Mirko Valentini, in passato anche su Piero Cruciani. Massimo ad agosto sarà un durissimo avversario da superare (sperando di batterlo ancora!)
Mattia Zannori sta dimostrando di poter diventare un grande cavaliere: cresciuto da Luca, ora ha una sua scuderia, anche se non conosco le sue vicende di proprietà dei cavalli. Ha fatto una bellissima gara, ha dimostrato che cresce ogni anno di più e sarà un avversario duro.
Il giovanissimo Lorenzo Melosso, che io ho visto crescere, ha fatto un esordio molto brillante che lascia presagire un bel futuro per lui e per il Sestiere che lo ha scelto. Ha fatto una prima tornata fantastica poi forse ha pagato un pochino la sua inesperienza. Ha però qualità tecniche e morali molto importanti, deve maturare e sarà bravissimo.
Conosco Raponi per averlo visto in varie giostre d’Italia; è un bravo cavaliere con una cavalla che ha girato bene ma con tempi non competitivi (non so per quale motivo sinceramente), ma nel complesso ha fatto una buona giostra
Idem Picchioni che ho trovato molto ben disposto, anche fisicamente con dei Kg in meno. Lo vedo più competitivo, nove centri, è un combattente ed è giovane.
Come è cambiata secondo lei la giostra nel corso degli anni? Molti dicono che sia stata “Folignatizzata” E ritengono lei uno dei principali fautori di questi cambiamenti
Questa cosa sinceramente non mi trova d’accordo perché la pista come ampiezza, lunghezza come raggi di curvatura è identica dal 1990 anno in cui iniziammo a misurarla e a fare la verifica: ne accorciata ne allungata.
E’ cambiato il terreno per renderlo indolore ai cavalli e in rispetto all’Ordinanza Martini. L’angolazione dello scudo è sempre di 105 gradi.
E’ vero però che le ultime giostre sono state dominate dai Folignati, ma solo perché a Faenza non c’è una scuola all’altezza dei loro predecessori come Ricci, Placci, Montefiori, Poggiali, Giacomoni padre o Vignoli.
Perché secondo lei molti cavalieri non vogliono confrontarsi con Ascoli o comunque con l’ambiente Ascolano?
Quando ho dovuto sostituire Luca per l’incidente ho dovuto cercare dei sostituti: il problema è il contraccolpo, perché se non lo si supera sono dolori.
Diceva Giacomoni padre che anche ad Arezzo c’è la “Botta”, ma ad Ascoli dopo la prima ne devi dare altre 8 e non è proprio la stessa cosa.
Dal punto di vista ambientale la nostra gara ha un tifo da stadio: a Foligno per vari motivi c’è la cultura del cavallo, e c’è il rispetto nei suoi confronti, ad Ascoli questa cultura non cè, ma non per colpa degli Ascolani, ma perché non siamo abituati a vedere la gente lavorare con i cavalli ed è anche per questo che è difficile trovare dei cavalieri Ascolani. Lorenzo Melosso c’è perché è figlio d’arte.
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