Buongiorno Vittorio e grazie per la disponibilità. Innanzitutto vorremmo chiederti: come ti sei appassionato al mondo dei cavalli e successivamente a quello delle giostre?
Mi innamorai subito dei cavalli, e vi assicuro che è davvero facile.
Quando qui a Faenza nacque il palio del Niballo, ossia nel 1959, di equitazione non capivo nulla, e magari nemmeno ora (ride, ndr).
Fu amore a prima vista. Entrai immediatamente nel Rione Giallo e disputai con loro il primo palio già nel 1962, ero poco più di un bimbo.
Mi interessai però non solo ai cavalli, ma anche alla storia delle famiglie Manfrede e a quella di Faenza: difatti con l’avvocato Calderoni, allora presidente del Rione di Porta Ponte, cominciammo ad andare in giro per musei, cercando di studiare le fattezze di armature, scudi e lance in modo da poterli riprodurre nel modo più fedele possibile.
Puoi parlarci dei tuoi esordi al palio del Niballo?
Posso anche raccontarvi una chicca che non credo tutti sappiano:
Il rione acquistò un cavallino che aveva già 14, 15 anni, ma che sembrava ancora un puledro, morfologicamente bellissimo.
Il “guaio” di questo cavallo era che si trattava di un professore, era lui ad insegnare a noi: quando cominciai a provare per il Palio, lui capì immediatamente il gioco e, sapendo che dopo lo scontro con Annibale si sarebbe dovuto fermare, una volta uscito dalle curve anziché aumentare l’andatura lui la rallentava, facendomi arrivare in ritardo e/o portandomi a sbagliare il bersaglio.
Avevo un istruttore che era stato in precedenza un carabiniere a cavallo che al riguardo mi disse: “non ti preoccupare che la mattina del palio lo mettiamo a posto”.
Provammo da sinistra e lui si mise all'interno della curva dando 3 o 4 frustate in aria: al solo sentire lo schiocco della frusta il cavallo aumentò l'andatura invece di rallentare, ma uscendo completamente all'esterno!
Capimmo quindi di dover lavorare all'inverso, provammo da destra e stavolta lui si piazzò nella parte esterna e il tutto funzionò alla perfezione, con il cavallo che accelerò rimanendo in pista.
Purtroppo però non rifacemmo lo stesso allenamento da sinistra, quindi nel pomeriggio stesso, nel palio vero e proprio, nelle tornate da destra guadagnai tre scudi, battendo tra l’altro anche Gianfranco Ricci, ma quando andammo a sinistra il cavallo si piantò e cambiò galoppo, scartò ed uscì dal tracciato...
Chi furono le altre persone che contribuirono al tuo percorso di crescita?
Vi dirò che ebbi l’onore di avere dei consigli da Zecchini, direttore tecnico di allora del G.E.S.E. (Gruppo Emiliano Sport Equestri), che al tempo era l’allenatore di Mauro Checcoli, futuro presidente della FISE, ma soprattutto vincitore di due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, nel concorso individuale e in quello a squadre.
Puoi raccontarci della tua prima vittoria al Niballo?
Dopo aver esordito col rione Giallo, poiché non mi venne rinnovata la fiducia, passai l'anno successivo al Rione bianco.
Dopo diversi anni, tornai al Rione giallo nel 1967, e due anni dopo gli diedi la prima vittoria: il rione Rosso con Gianfranco Ricci pareva imbattibile, veniva infatti da ben 7 Niballi consecutivi, spezzai quel dominio in sella a Baiardo.
C’è un aneddoto in particolare riguardo a quella vittoria?
Ricordo che in una tornata in cui io giravo a destra e Franco a sinistra, arrivai davanti di circa un metro, ma all’epoca, a differenza di oggi, le braccia del Niballo cadevano in basso: Franco fu talmente fenomenale da riuscire a colpire anche lui il bersaglio nonostante fosse in caduta, questione di decimi di secondo.
I giudici di allora valutarono correttamente, stabilendo che fui io ad arrivare primo, ma ci fu del marasma, tanto che i rionali del Rosso, invece di tornare in Piazza con gli altri come si fa anche adesso, passarono per altre vie e se ne tornarono alla loro sede.
Fortunatamente al Bruno Neri c’era un fotografo ufficiale del palio, che scattò una fotografia nel momento esatto dell’arrivo sul Niballo: riuscì a tornare a casa, stamparla e tornare in campo mentre stavamo andando via tutti, dimostrando che quello scudo era mio.
Successivamente, il Giallo impiegò 41 anni per vincere nuovamente.
Parlaci del tuo successivo passaggio al Rione Bianco...
Pur avendo vinto, l’anno successivo mi dovetti ritirare perché il cavallo che montavo si infortunò: erano altri tempi, e a causa di questo venni messo in disparte, tanto che rimasi fermo e alla finestra a guardare gli altri fino al 1976.
Dato che all'epoca era ancora possibile cambiare Rione, tornai nuovamente al Bianco e vinsi anche lì a distanza di 17 anni dal loro primo successo, visto che la loro unica vittoria risaliva alla prima edizione del 1959, ma bisogna dire che quella era ancora una corsa all'anello singola, la mia vittoria fu la prima del Bianco nella gara che conosciamo attualmente e che prevede lo scontro diretto uno contro uno.
C’è qualche retroscena significativo rispetto a quella vittoria?
Debbo dire che per quanto riguarda le cavalcature lavorammo per tempo e ci guardammo intorno, ed ebbi un aiuto anche da Gianfranco Ricci, con cui c’era grande rispetto se non amicizia: fu lui ad aiutarmi a trovarne uno, dalle vostre parti ad Ascoli se non ricordo male, era Quassaran, che mi portò a vincere il Palio.
A causa di queste vittorie per due rioni differenti, ti fu affibbiato un soprannome che all’epoca sembrava poco lusinghiero…
Esatto! Walter Padovani, forse per intimorirmi vistala mia emotività, mi soprannominò “Il Fantino arcobaleno”, e mi rimase attaccato per sempre.
A proposito del tuo rapporto con Gianfranco: avete anche corso la Giostra del Saracino insieme: cosa puoi dirci al riguardo?
SI fa presto a dirsi: il rettore del quartiere di Porta Sant’Andrea era alla ricerca di cavalieri, e venne a Faenza a vedere il Niballo proprio nel 1969, anno in cui vinsi il palio, decisero così di puntare su di me nell’anno successivo per far coppia con Gianfranco, che correva lì già da alcuni anni: vincemmo in coppia al mio esordio nel 1970 facendo segnare entrambi due 4.
Successivamente vinsi anche nel 1973 per Porta Crucifera con Gabriele Tabanelli, ma tornando al primo successo purtroppo ci furono degli strascichi poco piacevoli…
Ossia?
Il premio vittoria di allora, spettante ai cavalieri e con tanto di verbali era, testualmente, di 50.000 lire cadauno, che però non ricevetti mai,.
Aggiungo che, per quel che ne sappia, accadde la stessa cosa accadde anche a quelli destinati a Franco.
Hai mai avuto modo di incrociare la tua strada con la Quintana di Ascoli? Sappiamo che hai avuto un ruolo nella prima vittoria di Porta Maggiore…
Eccome! A quei tempi, durante le prove del Niballo del 1977, andai a sbattere contro un traliccio dell’alta tensione con Pantera, e così decidemmo di “entrare” alla Quintana di Ascoli come Rione Bianco con Pierpaolo Placci che correva lì già da un anno per conto proprio.
La Pantera era riottosissima a partire, e ricordo ancora che al sabato, in albergo, Pierpaolo mi disse:
“Senti vittorio, ma se invece di correre con Pantera io corressi con la mia cavallina?”
Io gli risposi: “Senti, non sono io che devo decidere: con la Pantera forse non si parte, ma se si parte, si vince. Se corri con la tua partirai e andrai più sicuro al bersaglio ma non pensare di vincere! E se pensi di correre con la tua, dimmelo subito che prendo e me ne torno a Faenza.”
Lui alla fine si convinse e conquisto quel Palio!
Tornando all’attualità, come hai vissuto da Faentino la vittoria dello scorso anno di Luca Innocenzi, primo Cavaliere non Manfredo a vincere un Niballo?
Perbacco! Non posso che dire, come fatto altre volte, che stimo tantissimo l’Innocenzi: monta bene, ha mani buone, ha dei cavalli fenomenali, è un professionista.
Ma da Faentino e da rionale che oltre a montare si è fatto “il mazzo” nelle scuderie, nel vedere il Bianco ingaggiare un “forestiero”, ho subito uno schiaffo in faccia.
Un paio di anni fa pubblicammo un video della Quintana di Ascoli Piceno del 1986 in cui tutti e 6 i cavalieri erano di scuola Faentina: Ricci, Poggiali, Vignoli, Placci, Montefiori, Lionetti. Ora è Faenza a dover importare cavalieri: non credi ci sia un problema nella vostra scuola?
Assolutamente! Ai tempi con Franco riuscimmo ad imporci anche a Foligno, allora chiamata l’università delle giostre, e tutti ci invidiavano il nostro stile di monta da seduti in sella…
Col tempo però ci siamo persi, chiusi in noi stessi, non si sono più fatti cavalieri: l’ultimo in grado di imporsi fuori dalle mura è stato Willer Giacomoni. I Rioni purtroppo non hanno saputo crescere dei giovani validi.
Ultima domanda: come vedi questo Niballo 2023?
L’Innocenzi è un professionista in mezzo a dei dilettanti, ma occhio a chi questo “gioco” lo conosce benissimo: il binomio composto da Marco Diafaldi e Green Commander è parso in formissima e ha perso gli scontri diretti nelle prove per pochissimi centesimi, dovrebbero giocarsela loro due.
Mai sottovalutare però Matteo Tabanelli e Kelly in Black che hanno già vinto due volte, così come Matteo Rivola del Rosso che lo scorso anno è arrivato agli spareggi, mentre l’incognita è rappresentata dal giallo con l’esordiente Gertian Cela che ha comunque già vinto la Bigorda.
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