Come è nata la sua storia quintanara e la passione per Porta Tufilla?
A campo Parignano nei primi anni ‘60 c’era solo la GIL, il campo per giocare a pallone, e nella chiesa del Sacro Cuore c’era la sede di Porta Tufilla gentilmente offerta dalla parrocchia. Quindi potevi o tirare calci ad un pallone o tentare di suonare il tamburo o prendere la bandiera in mano… Io ho scelto la seconda e da lì la cosa è andata avanti.
Lei è stato sia caposestiere che Console. Conoscendo le differenze istituzionali, come si interpretano a livello personale questi due ruoli?
La differenza tra i due ruoli è notevole. Volendo fare un paragone, che non deve risultare blasfemo, è come si trattasse del Presidente del Consiglio, appunto il Caposestiere, e il Presidente della Repubblica che è il Console. Tutta la parte organizzativa e parecchie responsabilità, civili e penali, sono del Caposestiere e del comitato. Quello del Console è un ruolo un po' superpartes, un padre che dovrebbe mettere pace o dispensare una parola di saggezza. Sinceramente ancora non riesco a distaccarmi completamente dal ruolo di caposestiere che ho ricoperto per 13 anni…
C’è ancora la voglia di fare e di poter incidere.
Con quale sestiere, per motivi di contiguità territoriale o di battaglie storiche, sente una rivalità maggiore?
La rivalità, da che io ricordi, è stata sempre con Porta Solestà: erano i tempi di Giusti e Formica, erano i tempi di risse dentro lo squarcia che definirei “senesi”, quindi alla fine si usciva dal campo e si andava anche a bere insieme. Io ero piccolo, forse la prima o la seconda Quintana, e ci fu una rissa tra tutti i figuranti GialloBlu e RossoNeri, un grande parapiglia con somma soddisfazione dei turisti sugli spalti che non avevano capito che si faceva sul serio.
Vista questa grande rivalità, ci saranno stati anche tanti scherzi, mentre in questo periodo dalla goliardia si è passati ad atti privi di senso, cosa ne pensa?
Questo perché in nome di una sbagliata interpretazione di appartenenza, la goliardia o lo scherzo sono stati sostituiti dallo spirito da curva sud e da ultras. La scazzottata senese che ho nominato prima prevede il menarsi il giorno del Palio, ma senza l’uso del coltello e lo stesso era da noi. Oggi la Quintana è incattivita, la stessa presenza di un piccolo manipolo della celere durante la giostra la dice lunga sui personaggi che purtroppo si sono infiltrati all’interno dei Sestieri…con tutto il rispetto per chi ha la fede calcistica che non riguarda e non deve riguardare lo Squarcia.
Dal post Poggiali, quanto è stato difficile non vincere per così tanti anni con cavalieri che a volte sembrava nemmeno partecipassero alla giostra?
Questo corrisponde soprattutto al periodo in cui ho fatto il caposestiere. Noi per primi ci siamo affidati ad un cavaliere ascolano (Clerici) e abbiamo realizzato per primi una scuderia tutta nostra, comprando cavalli e dando fiducia a un cavaliere molto bravo nella preparazione quotidiana e annuale, ma che sentiva in maniera molto forte la gara e non riusciva quasi per niente ad esprimersi per le sue capacità. Nonostante tutto, in quegli anni abbiamo cresciuto il Sestiere, ero il più piccolo e ho avuto la fortuna di avere accanto a me persone che sapevano fare di tutto. Avere un cavaliere ascolano significava spendere meno soldi e potemmo realizzare una sede, che ci è stata tolta, e tutto il parco costumi. Dopo ci siamo affidati ai cavalieri più bravi su piazza: Paci a 15 anni vinceva la sua prima Quintana a Foligno, poi Capiani, campione della giostra d’Italia che si faceva a Narni, vincitore e Faenza e Foligno, ma da noi entrambi non riuscirono a vincere.
Qual è stata la soddisfazione nel trovare poi un cavaliere fenomenale come Massimo Gubbini?
Purtroppo in quel periodo non c’ero, quindi l’ho vissuta in modo distaccato. Chi era al mio posto è stato bravo ad avere fiducia in questo ragazzo che era stato visionato da molti ma che nessuno ha preso. Sia Porta Maggiore che Sant’Emidio lo avevano seguito ma non lo ingaggiarono. I dirigenti dell’epoca di Tufilla hanno avuto questo coraggio e sono stati ripagati. Oggi da Console mi godo anche io i frutti di questa scelta.
A proposito di Gubbini, un’analisi della giostra di luglio che è sembrata un po’ anonima?
Finché ci saranno Innocenzi e Gubbini gli altri potranno sperare solo che questi due facciano degli errori, anche se vedo che ci sono dei ragazzi che stanno crescendo, ma il divario c’è secondo me ed è abbastanza grande. Quando Innocenzi fa una tornata con record di pista e punteggio come a luglio, chi esce dopo deve far in modo di rimanere in gara: questa foga ha tradito Massimo che ha preso una tavoletta rimbalzata su altre due, quindi 90 punti di penalità e la Quintana è diventata subito anonima. Si puntava alla velocità e senza le penalità si stava lì a 14 punti. Uscire quarti, quinti o sesti non fa differenza e alla fine ha preferito provare Trentino che ieri in prova è sceso sotto i 50 secondi. Noi ci siamo per un’eventuale vittoria: la gara non è la prova, ci sono altre incognite ma noi ci siamo per il Palio.
Come ha vissuto e come sono state risolte le divisioni che il sestiere di Porta Tufilla ha affrontato negli ultimi anni?
Questo è un tasto che mi addolora parecchio perché la divisione non ci dovrebbe essere e purtroppo non è stata risolta e credo che il nuovo regolamento elettorale varato dal Consiglio degli anziani non aiuti a riportare la pace. Noi come Sestiere e come comitato ci siamo opposti perché oltre alle liste contrapposte non è garantita nemmeno un’opposizione decente. Quello che più dispiace è che credo non esista al mondo un’associazione di volontariato che si divide prima ancora di cominciare il proprio lavoro. Consideriamo l’Avis ad esempio: tutti donano il sangue per il bene comune ma a causa di dissidi una metà non dona più… È assurdo. Con questo regolamento il pericolo è che metà Sestiere, e non parlo solo di Tufilla ma il rischio esiste per tutti, si metta braccia conserte e l’altra metà lavori. Io credo che ci si possa dividere per le idee ma poi la democrazia deve essere misurata con una mediazione più alta possibile e chi rimane in minoranza deve comunque aiutare nel lavoro per le buone sorti del Sestiere. Questo è un cruccio per me, spero che si possa fare una sola lista nelle prossime elezioni: prendere le persone migliori con idee e voglia di lavorare tra tutte le anime… Purtroppo in questi giorni non vedo questa unità.
Un commento sui progressi del gruppo sbandieratori e musici?
La disgregazione c’era stata per colpa di una spaccatura all’interno del sestiere. Si è ripartiti dai ragazzini, attuando un ricambio generazionale che inevitabilmente ha portato il gruppo a dover ricominciare da capo. Ora stanno crescendo e il gruppo è risalito.
Personalmente, parlando più in generale, non vedo di buon occhio lo sbandieratore Ascolano oggi ridotto quasi ad una appendice quintanara mentre si dà così spazio allo sbandieratore forgiato dalla Federazione Italiana. Io credo che lo sbandieratore Ascolano debba mantenere le proprie caratteristiche che erano quelle di lanciatore della bandiera, che non ha più.
La FISB ha contribuito a livellare lo sbandieratore dalla Valle d’Aosta alla Sicilia dentro un regolamento che porta tutti a fare le stesse cose, e questo non è bello secondo me. Una volta gli alfieri Ascolani, al pari di quelli di Arezzo che sono stati i nostri maestri e non hanno mai cambiato metodo e girano ancora tutto il mondo portando il nome della Giostra del Saracino in giro. Noi eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, giravamo anche in manifestazioni internazionali come l’Expo e le Olimpiadi mentre oggi si muove la FISB prendendo uno di qua e uno di là, per cui alla Quintana di Ascoli è stato tolto un veicolo pubblicitario.
Ho fatto lo sbandieratore per quasi 20 anni, il mio maestro è stato Danilo Ciampini il quale, insieme a Gino Landi, regista televisivo, ha creato gli sbandieratori di Ascoli. Prima che Gino Landi venisse a prepararci per l’Expo di Montreal del ‘67, ci si muoveva con gli ‘hop’ come quelli di Arezzo. Con Landi iniziammo a contare come i ballerini da 1 a 8, in modo da sincronizzare i movimenti delle bandiere. Questo ha creato il famoso numero al campo con 48 persone. Sono una ventina d’anni che non si vede al campo un numero degno di questo nome con coreografie godibili. Già i primi di Luglio si entrava al campo per prepararlo, ognuno di noi diventava un numero da 1 a 48 e si provava, oggi non è così.
Ha avuto un maestro di Quintana che le ha trasmesso questa passione?
Un maestro vero e proprio no, diciamo che a Santa Chiara i miei amici suonavano o sbandieravano. Peppe Mari era il nostro capo ed è stato quello che ci ha insegnato a maneggiare la bandiera in maniera decente. Più che una persona, credo che il riferimento sia stato il Sestiere di Porta Solestà, coeso, unito, quasi una città nella la città e ancora oggi ha mantenuto questa caratteristica. Quindi la passione è cresciuta proprio guardando e cercando di portare quel modello da noi, e in parte credo di esserci riuscito.
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