Ciao Manuel! Innanzitutto vogliamo ringraziarti per la grande disponibilità, successivamente vorremmo chiederti: Come ti sei appassionato alla Quintana e successivamente al mondo delle bandiere?
La cosa iniziò sin da piccolissimo perché nelle vie del quartiere i figuranti passavano a fare le prove della sfilata con tamburi e bandiere, inoltre mio padre mi portò già da bambino allo Squarcia a vedere la Quintana, che per me era un evento unico: non ero nemmeno mai andato a vedere una partita di calcio allo stadio, per me fu una sorta di evento mitico. La grande Passione per la Quintana partì da lì e non importava quale ruolo ricoprissi, ho fatto anche l’armato, l’importante era vivere la Quintana, poi pian piano capii che la mia vocazione era quella di fare lo sbandieratore.
Cosa significa per te indossare il vestito del tuo Sestiere?
Direi innanzitutto un grande motivo di orgoglio e una enorme responsabilità che ho sempre sentito perché, per me, una volta indossati i miei colori di fondo rappresento il mio Sestiere. La cosa che mi ha stupito nel momento in cui mio figlio ha gareggiato nel torneo under di Volterra svoltosi poco fa è accaduta quando, una volta uscito dal suo esercizio gli ho chiesto “Ma, allora, come è andata?”, lui mi ha guardato negli occhi e così piccolino mi ha risposto “Babbo, benissimo! Ricordati che io li dentro sono Porta Solestà!”.
È stato allora che ho capito quanto il senso di appartenenza fosse presente anche in mio figlio e la cosa mi ha veramente stupito.
Quali sono i valori Quintanari che secondo te andrebbero trasmessi alle nuove generazioni?
È una domanda che sembra facile ma in realtà è complessissima, perché essere Quintanaro è uno stile di vita. In primis direi il rapporto socioculturale all’interno del Sestiere e quindi vivere la comunità, inoltre deve essere fortissimo il senso di appartenenza: per me vivere in un Sestiere e poi farlo in un altro sarebbe inconcepibile, perché si nasce con quei colori nel sangue e questo dovrebbe essere e rimanere così, anche se rispetto tutte le scelte che spesso sono molto complesse e dinamiche.
Qual è secondo te il modo più opportuno per trasmettere questi valori ai più piccoli?
Con il grande coinvolgimento sia da bambini, ossia creare tra i bimbi tanta aggregazione, farli crescere e vivere insieme e quindi creare tante attività all’interno dei Sestieri che possano coinvolgerli, stimolarli e farli crescere culturalmente tutti insieme.
Una curiosità riguardo al tuo passato da sbandieratore: limitatamente ad Ascoli hai vinto quattro volte il singolo, tre volte la coppia, a livello nazionale sei diventato due volte campione italiano con Porta Solestà, qual è stato il più grande avversario, o i più grandi avversari da te incontrati?
Se ci limitiamo ad Ascoli, per la coppia direi assolutamente i gemelli Sardi di Porta Maggiore che erano dei bimbi quando abbiamo iniziato e poi sono diventati imprendibili, mentre per quanto riguarda il singolo c’era una bellissima e sanissima competizione con Stefano Volponi di Porta Romana. Purtroppo quando sono arrivate le generazioni che primeggiano attualmente io ero un pensionato o quasi (ride n.d.r.).
Puoi spiegare a chi non lo conosce il tuo attuale ruolo, ovvero quello del portatore della “nzegna”?
Lo vedo come un ruolo di grande responsabilità: portare la nzegna significa portare il vessillo dove si sposano la parte profana che è quella della città e del quartiere con la parte religiosa data dall’immagine del santo. Incarna quindi il grande rapporto che si crea tra la comunità cittadina e quella della chiesa.
Qual è stata la tua più grande gioia Quintanara?
Direi la prima vittoria di Luca Innocenzi nel 2007, perché ero membro del consiglio direttivo e si viveva una forte tensione e grande senso di responsabilità. Purtroppo non venne assegnata e scaturì in una situazione abbastanza complessa, ma fu senz’altro una grandissima gioia.
Perché a tuo parere negli anni sempre meno giovani si avvicinano alla vita di sestiere?
Perché, è me ne rendo conto anche in qualità di presidente della commissione tecnica federale FISB, fondamentalmente il mondo è molto cambiato, e quindi i giovani sono presi ed attratti da tantissime altre cose. Anche il nostro mondo si sta evolvendo ma rimane sempre un pochino indietro, la mia paura è quella li. Però, proprio come dicevo prima, si può fare molto lavorando con i ragazzi sin da piccolini, facendoli stare insieme, giocare e divertire e facendogli capire il vero senso della Quintana. Arrivato ai miei quarant’anni mi rendo conto di quanto la Quintana mi ha dato, come io ho dato alla Quintana, ma soppesando le due cose è molto di più quello che ho ricevuto.
Qual è il tuo augurio relativamente al futuro della Quintana e alle nuove generazioni che si affacciano a questo mondo?
Spero di vedere sempre nuovi giovani nella Quintana, perché sono quelli che hanno più sofferto durante questa pandemia, e spero che possano riprendere ed abbracciare questa Passione, perché mi rendo conto che in questo momento c’è un forte scollamento. Mi auguro di tornare a vederli vivere la vita di Sestiere in maniera attiva, e un ruolo fondamentale dovranno averlo anche i “grandi vecchi” spingendo e traghettando queste nuove generazioni verso la vita Quintanara che sicuramente si evolverà ancora, come sempre ha fatto negli anni.
Comments