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Immagine del redattoreDama Scarlatta

Storia della "chiave", simbolo di una goliardia ormai scomparsa: intervista a Giuseppe Gentili

  • Buongiorno Giuseppe e grazie per la disponibilità! Puoi raccontarci qual è la tua storia quintanara?

Sono un Tufillante doc, cominciai nel 1964 come mascotte degli sbandieratori.

Ricordo ancora allo Squarcia la prima scenografia del lato cassero: era una Porta Tufilla fatta in masonite con i pali di legno e tamponata davanti con la finta pietra, prima dell’allestimento in resina.

Io e Roberto Montani facemmo una bomba ed entrarono tutti gli sbandieratori, da lì ho continuato il mio percorso con le bandiere, sono stato capo sbandieratore, poi sono entrato nei nobili ed infine negli anziani.

  • Puoi raccontarci l’origine della famosa “chiave”?

Bisognerebbe cominciare col dire che la chiave inizialmente non era un oggetto fisico, ma semplicemente un modo di dire: “Oh, me racchemmanne, quanne iesce chiude!”

A metà degli anni '90, visto che noi di Porta Tufilla negli anni precedenti eravamo usciti per ultimi spesso e volentieri, decisi di rendere questo sfottò più simpatico, ma soprattutto più tangibile: in quel periodo il rapporto tra quintanari era molto schietto, non c’era quell’“astio” che può esistere oggi ed eravamo tutti amici.

Andai un sabato mattina da un fabbro e feci creare la famosa chiave a mie spese, e per diversi anni ce la siamo “scambiata” tra Sestieri con la consueta goliardia, fino a quando…


Giuseppe Gentili in sfilata con la prima chiave
  • Fino a quando?

Beh, diciamo solo che la chiave è sparita. Non sono in grado di dirvi precisamente in quale anno sia accaduta la cosa, ne quale sestiere l’abbia “imboscata” in un cassetto: molto probabilmente non si ritenevano degni di essa e così è scomparsa.

  • Ma poi c’è stata una sua “resurrezione” a Luglio di quest’anno, giusto?

Partecipo alla Quintana dal 1964, ben 58 anni, e sono quindi uno dei Quintanari più anziani e con molti aneddoti da raccontare.

Di conseguenza lo scorso anno, parlando con i componenti del Consiglio degli Anziani e ricordando un po’ la storia della Quintana, siamo tornati a parlare della chiave.

Tutti concordarono sul fatto che “sarebbe bello rifarla”: ne ho commissionata una nuova nel 2021, l’ho consegnata e quest’anno dovrebbe essere stata assegnata al Sestiere ultimo classificato, ma non ne ho certezza perché ho avuto la fortuna di “uscire” per primo!

Sono contento che questa tradizione sia rinata poiché serve per sdrammatizzare. Se dobbiamo fare tutte le volte una guerra è brutto, la Quintana è importantissima ma va vissuta con goliardia!

Voi in passato avete pubblicato in passato la foto di Gigi Tulli che consegna la chiave a Francesco Mazzocchi: erano quelli i momenti simpatici e la chiave ne era un simbolo: c’è chi vince il Palio e chi chiude lo Squarcia, ed ho addirittura foto di mia figlia Federica che sfilava portando la suddetta chiave su un cuscino.


Agosto 1998: Gigi Tulli (con al suo fianco Gigi Torquati) effettua lo "scambio di consegne" della chiave con l'allora caposestiere rossonero Francesco Mazzocchi, in foto anche l'ex console Gino Andreani
  • Pensi che negli anni si sia un po’ perso questo spirito di goliardia tra i sestieri?

Sì, sicuramente, basta vedere certi atteggiamenti ed atti deplorevoli che sono accaduti negli ultimi anni. Noi come sbandieratori andavamo a fare le prove allo Squarcia e nonostante i colori differenti ci si ritrovava comunque tutti insieme al chiostro di Piazza della Verdura a mangiare il cocomero.

C’erano i famosi scherzi come chiudere la porta della sede altrui per non far entrare i sestieranti, o un anno, durante le prove allo squarcia, io e un altro sestierante di Porta Tufilla andammo a "rapire" Roberta Dionisi, la famosa e bellissima dama di Porta Romana, portandola con noi al nostro Sestiere: naturalmente lei fu complice visto il clima di goliardia che regnava in quegli anni.

Erano questi gli scherzi, mentre oggi non è possibile: era tutto un altro essere, un altro modo di vivere la Quintana.

La nuova versione della chiave messa "in palio" da quest'anno
  • Ci sono altri episodi che vuoi condividere con noi?

Ce ne sono tanti: quando facemmo sparire il Palio poco prima del giorno della benedizione dei ceri ad Elio “Schepettò” Marucci (per tanti anni capo sestiere di Sant’Emidio): per riaverlo, pretendemmo si vestisse da damigella .

Ricordo anche uno scherzo fatto a Porta Maggiore, quando ancora aveva la sede in Corso Mazzini, dopo il vecchio distretto militare: su una parete dell’archetto c’è il famoso stemma dei due cavalieri che si fronteggiano in travertino.

Beh due Sestieranti di Porta Tufilla con il trabattello in pieno giorno se lo stavano portando via fingendo di essere operai, e a chi chiedeva spiegazioni sul loro operato rispondevano: “lasciate in pace chi lavora!”

  • Erano tempi diversi?

Sicuramente! Un anno, lato prato, sul rettilineo del forte Malatesta, ci fu un parapiglia sul fatto che il cavaliere fosse uscito o meno. Arrivò il capo degli armati, Tatò: piccolino tarchiato, allargò le braccia, diede due smanate e finì la battaglia.

Oggi per cose più piccole entrano in gioco capisestieri, consoli, e mille altre figure: dovremmo invece fidarci dell’altrui giudizio, non possiamo fare la guerra alle streghe.

C’è una foto in prospettiva per la quale sembrerebbe che Massimo Gubbini quest’anno è uscito con due zoccoli: stiamo esasperando il tutto.

In 58 anni di Quintana ne ho viste tante: con Giovanni Clerici, primo cavaliere ascolano, decidemmo come sestiere di avere una nostra scuderia...

Dopo il primo assalto il suo cavallo volle rientrare dritto verso il cassero, visto che un tempo si entrava ed usciva di lì: finimmo ultimi, ma nonostante la delusione non mancava mai il rispetto da e verso gli altri.

Bisognerebbe solo tornare alla nostra storia, all’amore per la città di Ascoli.

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