Ciao Luca! Facciamo un recap di questa tua annata straordinaria: hai vinto a giugno a Foligno in sella ad "Altrimenti", altri due palii a Luglio e ad Agosto ad Ascoli, sempre ad Agosto trionfo a Servigliano, a settembre secondo a Foligno con Easy Secret, hai vinto poi anche a San Gemini.
Specie a Foligno, dove dopo tanti anni in cui hai formato un binomio fantastico con Guitto, deve essere stata un’emozione particolare vincere con un cavallo differente, cosa puoi dirci?
“Altrimenti” è un cavallo di cui conoscevo il potenziale, ero abbastanza sicuro delle sue caratteristiche e soprattutto ero molto convinto della scelta: Guitto stava bene, ma se ho deciso di correre con un altro cavallo è perché avevo delle ampie garanzie tecniche e di velocità. È stata una soddisfazione ed una conferma del fatto che con il tempo riesco a capire e comprendere i cavalli prima di correrci.
Ad Ascoli hai completato il tuo 6° cappotto, e ormai tanti danno le tue vittorie quasi per scontate, ma chi conosce bene queste dinamiche sa che così non è. Quanto è stato difficile ottenere queste due vittorie, specialmente ad agosto?
Credo di non aver mai corso gare semplici in tutta la mia carriera, vi posso dire che riuscire a fare di nuovo il cappotto, specialmente nell’anno in cui Attilio Lattanzi cedeva il passo come caposestiere era una cosa a cui tenevo particolarmente. Inoltre, farlo contro un atleta come “Trentino” è sicuramente stato difficilissimo, una lotta serrata fino all’ultimo assalto: se non si è perfetti vincere diventa davvero complicato.
Mi è piaciuto, mi ha fatto sentire bene, ma so perfettamente che dalla prossima gara sarà di nuovo un’impresa tornare a vincere nuovamente.
A Foligno, per la giostra della rivincita, ti sei invece dovuto affidare ad un ulteriore cavallo, “Easy Secret” anch’esso esordiente, e sei arrivato al secondo posto. Cosa puoi dirci di quella cavalcatura e di quella gara?
Purtroppo “Altrimenti” ebbe una colica, non stava bene e non poteva correre.
Dei piccoli problemi intestinali, nulla di grave ma diciamo che non sono stato fortunato: anche Guitto ha avuto una battitura ad un piede.
Tutte cose che con i cavalli sono comuni, ma che si sono sommate in un brevissimo lasso di tempo proprio a ridosso della corsa: le Quintane sono belle, ma si corrono in quel dato giorno, non è che posso dire “disputiamola settimana prossima”, quindi mi sono trovato a dover correre con lei, che è un’altra cavalla importante, ma che ha sicuramente pagato lo scotto dell’esordio.
Nella prima tornata ha fatto segnare il tempo più veloce, poi è andata un pochino a calare: un peccato, ma bisogna dare i giusti meriti dicendo che correvo contro un binomio davvero molto forte come quello formato da Mattia e “Franceschina” che sono stati più pronti di noi.
Qual è il segreto per rimanere così al top in tutti questi anni?
Crederci. Lavorare tutti i giorni e crederci, impegnarsi e porsi degli obbiettivi cercando di fare il massimo di quello che è nelle tue possibilità.
Bisogna avere lo stimolo per allenarsi al 100% (forse anche di più) e di volersi confrontare con ragazzi giovani e agguerriti.
Credo che queste siano tutte cose che a me non mancano: mi sono sempre posto nuovi traguardi, ho sempre detto che “la vittoria più bella è quella che verrà”, questo dimostra il modo che ho di stimolarmi.
Voi dite che ad Ascoli ne ho vinti 18, ma io ho alzato la lancia 19 volte; capisco voi dobbiate riferivi all’albo d’oro, ma io diedi 68 punti al secondo classificato e sentirmi dire che non ho vinto perché ci si è dimenticati di girare il cappello mi fa sorridere, alla fine si sceglie di non assegnarmi la vittoria perché il Sestiere avrebbe fatto invasione di campo, per ordine pubblico, motivazioni abbastanza “uniche”, diciamo così…
Nonostante tu abbia un palmares sconfinato con vittorie in tutte o quasi le maggiori giostre italiane, 18 vittorie solo ad Ascoli sono davvero un’enormità.
È solo una questione di particolare "adattamento" a questa giostra o anche di ambiente, come il supporto da parte del tuo sestiere, lo staff che lavora con te ecc.?
L’ambiente è fondamentale, è logico che Porta Solestà come Sestiere non ve lo faccio conoscere io: sono nati e progettati per vincere in tutto quello che fanno.
Non ho però vinto “per” quello ma “anche grazie” a quello.
Vorrei specificare che io ad Ascoli non faccio meglio rispetto ad altre gare, se non in termini di palmares assoluto, ma è la vostra giostra che è una di quelle che mi riesce particolarmente bene, la ho veramente nelle corde: è un tipo di gara estremamente tecnica, dove la differenza nel numero di vittorie, tra questa e Foligno ad esempio, sta nel fatto che una delle due è ad eliminazione e l’altra a punteggio.
Vi faccio un esempio pratico con un paragone sportivo:
in una particolare gara di molti anni fa, Valentino (Rossi, ndr.) cadde, si trovò nelle ultime posizioni e con la leva del freno piegata, ma comunque rimontò tutti e vinse, un po' come capitò a me ad Ascoli nel Luglio 2017 con “Try your luck”.
In quell'occasione mi sentivo troppo forte, alla prima tornata presi tre tavolette e mi ritrovai al quinto posto, per poi recuperare e vincere realizzando due tornate strepitose, mentre a Foligno con un errore sarei stato immediatamente eliminato.
Il regolamento di Ascoli è più predisposto, nella totalità delle tre tornate, a far emergere il binomio più forte, da qui la differenza nel numero di vittorie: Foligno non perdona il minimo errore, di conseguenza a volte può vincere anche un binomio più lento o meno forte, mentre Ascoli, se sei davvero più bravo, ti permette di rimediare agli errori ed emergere.
Sei stato protagonista del docufilm “100 - Assalto al moro, che ha permesso anche a tanti Ascolani di conoscerti dal punto di vista umano oltre che come atleta: come è stato partecipare alle riprese di un progetto così interessante ed ambizioso?
È stato un onore ed un piacere: loro avrebbero intervistato il vincitore dell’edizione agostana, per fortuna ho vinto io, ed essere comparso nel docufilm è stata la ciliegina sulla torta, qualcosa di davvero molto piacevole, sono stato a contatto con delle persone molto competenti, un’esperienza meravigliosa.
Sempre a proposito del docufilm: sentirti spiegare la nostra giostra galoppo dopo galoppo, curva dopo curva, assalto dopo assalto è stata una gioia per noi appassionati di Quintane.
Dopo tanti anni, quale credi che sia la difficoltà più grande di Ascoli, le corsie strette con innumerevoli tavolette, l'assalto al moro o altro?
Non posso dirvi che c’è una difficoltà maggiore di un’altra, è tutto un insieme ed una conseguenza, dalla partenza all’arrivo hai difficoltà continue.
Sicuramente le peculiarità sono le tavolette a 60 cm l’una dall’altra, non so quante sono, forse un 600-700 (mentre a Foligno ci sono 44 bandierine), la pista che è stretta, si passa da 4 metri sulle curve a 3 sulle diagonali, e questa cosa può ingannare.
Ma la caratteristica più importante è il bersaglio: a differenza di Arezzo, dove salvo spareggi si colpisce una volta sola, ad Ascoli si hanno 9 impatti ed il momento successivo all’assalto è il più complicato.
Se prendi un colpo troppo forte tendi a perdere l’equilibrio sulla sella, e per tenerti al cavallo dove ti aggrappi?
Alla bocca, e quindi, nonostante con un buon assetto ci si possa aiutare anche con le gambe, può capitare di rimanere appesi all’imboccatura, e subito dopo si hanno altre tavolette: complicatissimo, e infatti capita spesso dopo il primo o terzo assalto di colpirle perché si è perso l’equilibrio. Ad Ascoli ogni centimetro della corsa è complicatissimo.
Anche se per ovvie questioni anagrafiche non lo hai “vissuto”, Gianfranco Ricci è stato un cavaliere dall'aura leggendaria: come è stato per te raggiungerlo nell'albo d'oro della Giostra di Servigliano e del Rione Santo Spirito?
Sicuramente è stato un onore: Gianfranco lo conoscevo di fama e come amico di mio padre quando ancora ero un ragazzino e non correvo, una persona molto piacevole, ed è logico che fosse uno di quei cavalieri a cui ci si volesse ispirare e quindi raggiungerlo è stato fantastico anche per il legame che ho con il Rione di Santo Spirito oltre che una conferma dell’ottimo lavoro che stiamo facendo.
Se però devo essere sincero, il mio idolo era Paolo Margasini: poter essere il suo erede ad Ascoli e poterci collaborare insieme è stato qualcosa di meraviglioso.
Come ti prepari mentalmente e fisicamente nei giorni che precedono la giostra? Hai dei rituali o delle abitudini particolari?
Assolutamente no: io lavoro tutto l’anno. Adesso parlo con voi, ma prima stavo raccogliendo il fango e sto con i cavalli. Questo è il mio lavoro, le attenzioni le ho ogni giorno, tutto l’anno: bisogna stare attenti a mangiare, avere una vita sana, non bere, non avere eccessi insomma.
Il mio è un lavoro quotidiano, monto i cavalli giornalmente, non solo a luglio e ad agosto quando voi siete abituati a vedermi…
Ho 27/28 cavalli, la mia è quasi un’industria, siamo in due, in tre, in quattro in scuderia quotidianamente, non è solo una Passione.
A proposito dei cavalli, sarebbe facile rispondere “Guitto” o “Dorilas”, ma c'è un cavallo a cui sei particolarmente legato?
Diciamo che ce ne sono stati più di uno, altrimenti farei un torto a qualcuno di loro e sarei diminutivo: io i miei cavalli li adoro tutti. Se il discorso si limita al livello mediatico, parli di “Guitto” e di “Dorilas” e parli di atleti straordinari, però poi ci sono “Try your luck”, “Kathy way”, “Naval war”, “Love Story” : sono stato fortunato, tanto.
Nella mia carriera ho avuto la fortuna di lavorare con dei cavalli e degli atleti meravigliosi, che mi hanno portato ad essere quello che sono, penso anche ad “Integral horse” a Servigliano.
Io dico sempre che un bravo cavaliere senza cavallo non vince mai.
Ce n’è uno che avresti voluto montare ma non ti è stato possibile?
Tanti, ce ne sono stati tanti (ride, ndr.).
Ma sicuramente hanno avuto dei cavalieri che hanno fatto quelle cose che avrei voluto fare io e lo hanno fatto bene, ti faccio un esempio: quando vedi un atleta come “Trentino”, è uno di quei cavalli che ti emoziona, ma poi pensi che a montarlo c’è stato il cavaliere più forte che c’è che è Massimo Gubbbini.
In altri tempi a Foligno vedere “Ca’ Granda” era qualcosa di meraviglioso, ma so che a montarla c’era Paolo Margasini.
Tornando ad Ascoli, qual è stato il momento più difficile della tua carriera?
Nella vostra città, il momento più difficile è stato all’inizio, non solo come momento immediato, ma proprio il calarmi nell’ambiente: venivo da Foligno che è totalmente diversa, non è stato semplice.
Sia nel Sestiere, perché comunque vai a correre per Porta Solestà e, non me ne vogliano gli altri, lì c’è soltanto un obbiettivo: vincere, anche il secondo posto non viene vissuto come un buon risultato ma come una sconfitta.
È stato difficile far capire all’ambiente che per vincere bisognava costruire e che ci sarebbe voluto del tempo.
Ma soprattutto, e qui parlo a livello globale, è stato complesso ambientarmi con il vostro modo di vivere la rievocazione, di tifare, con il vostro attaccamento: un ambiente estremamente ostile ai cavalieri che non vincono.
Ad oggi vi ho imparato a conoscere e so che il vostro modo di vedere e vivere la Quintana è estremamente sentito e nel tempo ci si abitua, anche se, secondo me, andrebbe rispettato l’animale, corriamo sopra ad un cavallo: alcuni pensano di fare un dispetto a me, ma in realtà lo fanno a lui.
Riepilogando, sicuramente i primi anni sono stati quelli più complicati: devi essere all’altezza di cavalieri come Luca Veneri, Emanuele Capriotti, mentre io venivo da pochi anni di giostre.
Debuttai nel 2002 a Foligno e nel 2005 ero già ad Ascoli, ero un ragazzino di 22 anni, non era semplice per me: ho lavorato, mi sono adeguato ed amalgamato a voi ed al vostro modo di vivere la Quintana e da lì le cose sono andate meglio di ogni più rosea previsione.
Sappiamo che se ti chiedessimo qual è la vittoria più bella ci risponderesti “la prossima”, quindi ti chiediamo, quale la più emozionante?
La prima, nel 2007, quella che non mi è stata assegnata.
Capirete che, per un ragazzino, riuscire ad ottenere un risultato storico come quello di vincere ad Ascoli, che in precedenza per noi Folignati era stato ad appannaggio solo di leggende come Marcello Formica, Paolo Giusti e Paolo Margasini, significava tantissimo, è molto difficile…
Vi basti pensare che un cavaliere fortissimo come Lorenzo Paci che di Quintane ad Ascoli ne ha corse diverse, vuoi per sfortuna o per maggiore bravura altrui non ha mai vinto: in quell’anno vinsi la mia prima Giostra a Foligno, poi anche Ascoli, capite che fu straordinario, fu come dire “ci riesco anche io”, ebbi per la prima volta la consapevolezza che il mio lavoro andava nel verso giusto.
Oltre alla Quintane, hai mai pensato di cimentarti in altre discipline equestri?
Beh, io ho cominciato facendo concorsi ippici, il cavallo lo vivo in maniera totale e non solo sotto l’aspetto delle Quintane, allo stesso modo di Massimo Gubbini.
Quindi sì, mi piace il cavallo in generale, ma ho capito molto presto che ero fatto e predisposto alla velocità ed essendo di Foligno, ma allo stesso modo ad Ascoli, se sei un ragazzo vuoi fare la Giostra.
Proprio a proposito dei ragazzi, quali consigli daresti a un giovane che sogna di diventare un cavaliere della Quintana? Quali sono le sfide più grandi per chi inizia questo percorso?
Vorrei che questo lo scriveste prima di ogni altra cosa: io non devo e non mi sento di dare consigli a nessuno.
Ma, se proprio dovessi farlo, per la mia esperienza, consiglierei di spegnere il telefono e lavorare.
Al giorno d’oggi è tutto troppo veloce, c’è poca voglia di fare gavetta e voglia di sacrificarsi:
da questo calderone escludo Lorenzo Melosso, che è un ragazzo giovane ma con una mentalità già adulta e molto vecchio stampo, uno che è tutta la vita che sta dietro a questo, e i risultati si sono visti subito, perché lui è fuori dal coro, sa cosa significa il sacrificio, sempre con impegno e voglia di darsi da fare, non fa parte del gregge.
Per quanto riguarda gli altri, vedo che gli piace di più vivere il momento che lavorare quotidianamente, e qui mi riallaccio al discorso fatto in precedenza: per diventare un bravo cavaliere devi lavorare tanto, impegnarti tanto, partendo dall’imparare a pulire i piedi del cavallo sino ad arrivare a costruirci un rapporto unico come io ho fatto con i miei cavalli: “Naval war” ha 28 anni ed è ancora è qui in scuderia con me, “Guitto” starà qui altri 30 anni, “Dorilas” mentre vi parlo è qui vicina a me e guai chi me la tocca.
Loro hanno dato tanto a me e io sto cercando di dare tanto a loro anche dopo che hanno smesso di correre.
Il prossimo anno saremo nel 2025, la tua prima giostra ad Ascoli è stata nel 2005, festeggerai quindi il tuo personale ventennale qui da noi. Come è cambiata, secondo te, la Quintana in tutti questi anni?
Sto diventando grande vero? (ride, ndr.)
È cambiato tutto. Devo dire che Ascoli è stata la rievocazione che negli anni è cresciuta più di tutte: ho cominciato che c’erano sì e no le visite, non esisteva antidoping, si correva su un tracciato che era un campo di calcio adattato…
Siete migliorati sotto ogni aspetto, da quello della pista, alla tutela dell’animale, e su quello umano che forma un connubio con l’aspetto tecnico: quando sono arrivato determinate rivalità impedivano che venissero apportate delle modifiche che avrebbero potuto portare miglioramenti per tutti, solo perché si pensava che a beneficiarne avrebbe potuto essere un sestiere, quando magari l’anno successivo sarebbero potute servire ad altri, ora si fa tutto per il bene della manifestazione.
Grazie al lavoro di Massimo Massetti e di tutto il suo gruppo, anche con il contributo di sindaco ed amministrazione è cambiato il mondo, c’è stato l’arrivo di Umberto Colavita negli ultimi anni…
C’è una volontà di crescere e non fermarsi mai.
Ascoli è cresciuta tantissimo anche dal punto di vista mediatico, è bello farne parte ed è conosciuta ovunque nel mondo, vi faccio un esempio…
Io ero in vacanza a Cuba, a Cayo Blanco, un piccolo isolotto nella punta estrema verso Miami e la Florida, arriva un ragazzo e mi fa: “Ma tu non sei Innocenzi, quello che fa la Quintana di Ascoli?”
Capite che mi hanno riconosciuto in capo al mondo grazie alla vostra rievocazione?
Ascoli è iperconosciuta, perché a livello mediatico siete stati fenomenali a farla crescere, con la diretta Rai, quello che viene fatto dai canali ufficiali e l’amministrazione, voi di Passione Quintana che come social e media aiutate tantissimo…
Farne parte mi onora.
Luca, ti ringraziamo per la disponibilità e facciamo i nostri migliori auguri di buon natale e buone feste a te, alla tua famiglia, e a tutto il tuo staff!
Grazie ed altrettanto a voi, alla Quintana e a tutta la città di Ascoli!
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