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"Gareggiare e poi vincere sette Quintane ad Ascoli, un sogno e un privilegio" Parola a Luca Veneri

  • Ciao Luca! Ringraziandoti per la cortese disponibilità, volevamo chiederti, come è nato il tuo amore per i cavalli e per le giostre?

È nato tutto da mio padre che aveva dei cavalli e in passato aveva già partecipato alla Giostra del Saracino di Arezzo, di conseguenza se nasci in quel mondo lì, perlomeno ad Arezzo, sei proiettato nel mondo delle giostre, viene abbastanza naturale.

  • Successivamente nel 1997 e precisamente nella Quintana della tradizione, esordisti ad Ascoli con la Piazzarola. Come sei arrivato nella nostra rievocazione?

Arrivai ad Ascoli grazie all’amico Riccardo Minardi di Faenza, in quanto nel periodo in cui partecipavo ad Arezzo lui veniva lì con Gianni Vignoli. Ci fu subito feeling e nacque una grande amicizia con un enorme rispetto reciproco: Riccardo è sempre stato una persona fortemente competente in questo mondo, mentre io sono sempre stato un tipo “curioso” e sin da ragazzino avevo voglia di crescere nel mondo delle giostre.

Gli chiesi quindi se potesse darmi una mano a partecipare ad altre competizioni diverse da quella aretina, e lui fece il mio nome alla Piazzarola, e fu una grande scommessa perché chi è venuto da Arezzo, sia prima che dopo di me, non ha mai fatto bene ad Ascoli.

Luca Veneri, vincitore di sette Quintane per la Piazzarola
  • Dopo il tuo esordio con un buon quarto posto, nel 1998 ottenesti due ottimi secondi posti, nel 1999 ci fu tuo fratello Gabriele a sostituirti, e nell’Agosto del 2000 arrivò la prima vittoria. Come furono quei primi anni?

Sì, nel 1999 andai a studiare negli USA e mollai per un anno la Quintana, ma quando tornai fui immediatamente ricontattato dalla Piazzarola e, sempre grazie a Riccardo Minardi che mi mise a disposizione Flower Bud, riuscii vincere.

  • Nel 2001 realizzasti un cappotto sempre su Flower Bud, nel 2002 e nel 2004, in entrambe le occasioni ad agosto, il Palio fu tuo con Ambranna, nel 2006 ancora nella Quintana dedicata al Santo Patrono vincesti con Ambranna, poi nel 2009 conquistasti la vittoria con Golden Open. Hai quindi vinto con ben quattro cavalli diversi: qual è secondo te il segreto, se ce n’è uno, che deve avere un cavallo per formare un binomio tale per poter primeggiare ad Ascoli?

Il segreto, almeno per me se devo dire la verità, era quello di ricercare la potenza e la velocità: anche se peccavano un po’ di precisione, cercavo di sopperire mettendoci “del mio”. Specialmente Sbottonata era una cavalla molto impegnativa. Quindi anche se le cavalcature erano imprecise cercavo di compensare con le mie capacità e le mie attitudini, ma volevo avere sotto un “motore” che tirasse fuori i tempi, d’altronde ogni volta che ho vinto ho sempre fatto un record della Quintana.

  • Nel 2008 ad agosto si svolse una Quintana che potremmo definire mitica, quella della quarta tornata di spareggio con Massimo Gubbini di Porta Tufilla che ti vide sconfitto per soli 5 decimi di secondo e 10 punti di distacco totali. Quali sono i ricordi di quella giostra? Hai qualche rimpianto?

Con il senno di poi posso dire che quella tornata fu presa un po’ con leggerezza: fatte le tre tornate mi calò l’adrenalina della competizione e sia io che il mio team entrammo in campo per lo spareggio mancando di un pizzico di cattiveria, Golden Open poteva far segnare tempi molto migliori di quello che fece in quell’occasione.

  • Quali sono invece secondo te le caratteristiche e le difficoltà che differenziano la Quintana di Ascoli da tutte le altre giostre d’Italia?

Ascoli è bella complicata ragazzi! Ora c’è una pista diversa che ti lascia più sereno rispetto al passato, magari un moro con un’inclinazione che aiuta di più… Ma è comunque una gara dove a 60 km/h arrivi contro un muro: è così selettiva che chi gareggia e continua a vincere ad Ascoli come Innocenzi e Gubbini o lo stesso Melosso lo scorso anno, sono sicuramente dei cavalieri di livello che poi fanno la differenza anche nelle altre gare.

  • Dopo aver lasciato la Piazzarola, tornasti a Porta Tufilla nel 2017 persa solo all’ultima tornata: come mai decidesti di tornare, e quali furono le sensazioni provate?

Tornai perché parlando con il caposestiere di allora e con i ragazzi che si occupavano dei cavalli trovai un ambiente davvero bello e accogliente: mi convinsero grazie al loro entusiasmo e alla gentilezza che mi riservarono. Vi dico la verità: feci forse una delle Quintane più serene della mia vita. Montai il cavallo solo due volte, ma se non avessi preso un ciuffo di criniera richiamando il cavallo in curva, non so come sarebbe andata a finire

Luca Veneri nel 2017 assalta il moro per Porta Tufilla
  • Ad agosto invece, sempre per Porta Tufilla, a gareggiare fu il tuo concittadino Elia Cicerchia che purtroppo fu anche vittima di un brutto incidente, per fortuna senza conseguenze. Possiamo chiederti secondo te non ha funzionato?

Elia è un ragazzo intelligente e sa benissimo che Ascoli non va sottovalutata, però, come vi ho già detto, la Quintana è molto complicata: hai la botta, si montano cavalli impegnativi che in quel giorno sono sovraeccitati per la confusione, di una diversa tipologia di razza, che devono fare un allenamento differente… Purtroppo non sempre le cose vanno bene ma lui è sicuramente un ragazzo che, se successivamente si fosse dedicato a fare esperienza in giostre minori come Moie, poteva poi assolutamente uscire fuori come cavaliere perché è molto, molto in gamba.

  • Nel corso degli anni ad Ascoli hai affrontato avversari fortissimi: prima Paolo Margasini, poi Emanuele Capriotti ma anche Luca Innocenzi e Massimo Gubbini. Qual è stato, a tuo parere, il più grande rivale sceso allo Squarcia?

Sicuramente Emanuele Capriotti su Atlanda, per la tipologia di Quintana dell’epoca, con quel tipo di pista e il moro di quegli anni lì, ragazzi! Era un “lupo”, difficilissimo da battere, tanto è vero che prima del mio ritiro vinse ben 6 delle sue 8 Quintane.

È anche vero che lui aveva sempre una cavalcatura affidabile mentre io dovevo cambiarla ogni anno, io ripartivo da capo e lui era regolare, ci sono state delle bellissime battaglie. Poi è chiaro che sono arrivati i vari Gubbini ed Innocenzi ed è stato difficoltoso combattere anche con loro, ma li ho “vissuti” meno.

  • Hai parlato di “tipologia” di Quintana. Tu hai vissuto tutte le piste che si sono succedute ad Ascoli, da quella che era quasi una lastra di cemento a quella morbida e velocissima attualmente in uso, passando per la via di mezzo della seconda metà degli anni 2000. Come giudichi l’evoluzione del nostro tracciato?

Basta una sola parola: indispensabile. Oggi non sarebbe pensabile di correre con la pista di fine anni 90 e del 2000. Nonostante ci fossero delle persone che ci si dedicavano anima e corpo a cercare di renderla sempre migliore non erano dei terreni adeguati a correre una competizione come la vostra, tanto è vero che mi ricordo di diversi cavalli che hanno subito infortuni tra prove e gara. Era dura, si formavano buche e scalini… Era fondamentale un cambiamento, bisogna guardare alla salvaguardia dell’animale.

Luca Veneri, ancora con i colori della Piazzarola
  • Hai seguito la Quintana di luglio? E se sì, viste le grandi doti da te dimostrate in merito, puoi darci un giudizio sulla “monta” dei vari cavalieri?

Vi dico la verità, non ho visto tutti, ho seguito i primi tre per un paio di tornate ciascuno. Loro sono indiscutibili, ma se devo dirne uno in particolare tra loro, a livello di monta, vi dico Melosso: ha un bello stile che mi piace, si vede che è un ragazzo cresciuto a pane e cavalli. Tutti gli altri, ma non solo a livello di monta, possono migliorare e hanno doti e capacità per essere competitivi. Non so se a mancare sia l’esperienza, l’essere “seguiti” meglio, o ancora dei cavalli all’altezza dei primi.

  • Sempre a livello di “monta”, relativamente invece ai tuoi anni e ai tuoi rivali, qual è un cavaliere che ti è sempre piaciuto?

Uno che mi piaceva davvero tantissimo come stile era Lorenzo Paci, e ancora non mi spiego come non sia riuscito a vincere una Quintana… Ma Ascoli è particolare anche per questo: un cavaliere fortissimo come Lorenzo Paci che non riesce a conquistare un Palio.

  • Come vedi la situazione al Sestiere a cui sei legatissimo, quello della Piazzarola?

Alla Piazzarola hanno preso una decisione notevole: adesso sono passati alcuni anni dall’ultima vittoria ma hanno fatto la scelta di puntare e credere su un ragazzo giovane e di dargli tempo per crescere e cercare di confermarsi.

Credo che fondamentalmente, a mancargli sia un cavallo un po’ più potente, ma apprezzo molto il fatto che stanno portando avanti un programma: prendere la decisione di far correre un giovane bruciandolo e cambiandolo ogni anno non serve a nulla, devono tenere duro.

  • Ultima domanda: qual è stata la tua più grande gioia o il tuo più bel ricordo ad Ascoli?

Se devo dirvi la verità, non è una vittoria, ma aver corso la prima Quintana ad Ascoli ed aver avuto la sensazione di poter far bene e scrivere una storia, avere la consapevolezza di meritare di esserci.

Per me era un sogno gareggiare ad Ascoli, già solo a partecipare mi sarei ritenuto un privilegiato, ma quando ho corso la prima volta e ho capito di poter essere competitivo, affrontando tutto con serenità, ho capito che la vittoria sarebbe sicuramente arrivata, me la sentivo tra le mani. Essere scelto, aver corso, sognare di vincere e finire la carriera avendolo fatto sette volte… Mi sento molto appagato.

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